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Chatbot e Millennials: l’esempio di Facebook Messenger

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Un futuro senza robot? Impossibile. Nell’immaginario collettivo il mondo, in un futuro ormai non troppo lontano, sarà governato dai robot e dall’automazione. Zuckerberg ha già iniziato a muoversi in questa direzione introducendo i chatbot all’interno dell’app di messaggistica di Facebook, Messenger.

I chatbot sono dei software che permettono ad un robot di simulare una conversazione reale con noi umani, per capirsi: come Siri di Apple, ma via chat. Questi bot possono essere sfruttati dalle persone per accedere a determinati servizi tramite le conversazioni all’interno di Messenger. Nel video qui di seguito David Marcus, chief di Facebook Messenger, racconta l’introduzione dei primi chatbot:

Secondo alcune ricerche i Millennials sono la fascia d’età più interessata all’uso dei chatbot da parte delle aziende: visto l’uso che facciamo dei social e dei nostri device, l’idea di avere un assistente sempre a disposizione a cui poter chiedere informazioni o grazie al quale effettuare acquisti senza mai dover lasciare Facebook non può che fare gola a molti. Il 60% dei Millennials ha già sfruttato questa tecnologia e il 70% di questi ha trovato l’esperienza positiva.

L’uso di chatbot da parte dei brand è in crescita, una volta sviluppata la tecnologia gli usi possono essere molteplici: dalla gestione del CRM all’assistenza all’acquisto. Ma quali sono i rischi?

È importante che i brand riescano a bilanciare in maniera adeguata l’introduzione e l’uso di questi software, ad esempio se il tool viene utilizzato per la gestione del CRM il rischio è che la conversazione con il brand diventi totalmente impersonale e filtrata solamente dal robot. I brand dunque devono riuscire a dare comunque la possibilità alle persone, qualora il bot non sia in grado di gestire determinate situazioni, di interagire con un rappresentate “umano” dell’azienda. Ancora una volta, i robot non possono prendere il posto dell’uomo in un rapporto del genere. Sicuramente però possono aiutarlo.

Il problema si pone anche quando i chatbot vengono utilizzati per permettere ai clienti di acquistare prodotti direttamente da Messenger senza approdare mai sul sito: c’è ancora diffidenza da parte delle persone a rilasciare i propri dati sensibili, ad esempio quelli della carta di credito, ad un robot. È importante quindi che il brand riesca a rendere affidabile il software e dare comunque la possibilità a chi ancora non ha dimestichezza con il mezzo di acquistare in altro modo.

Un altro campo di sviluppo in cui i bot sono già stati implementati è il giornalismo: alcune testate online hanno realizzato il proprio software che permette ai lettori di ricevere le informazioni direttamente tramite messaggio privato su Facebook. Un esempio illustre è il Guardian che ha lanciato il proprio bot già lo scorso Novembre. Tramite il chatbot è possibile sottoscrivere un abbonamento alle informazioni, scegliere quando le si vuole ricevere, sfogliare le varie sezioni e gli argomenti o visualizzare i titoli del giorno. I segmenti su cui sperimentare sono potenzialmente infiniti, tutto ciò che può semplificare la user experience di un servizio è accolto positivamente dal pubblico.

Quindi alle aziende non resta che testare questo nuovo tool anche sui propri spazi sociali e monitorare i feedback dei propri clienti.

E voi, siete pronti a fare due chiacchiere con un robot?

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