… “no, non ho detto gioia, ma noia”.
Dal 1977 al 2016: da Franco Califano a Happn. “Tutto il resto è noia”, al 57esimo posto nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre, secondo Rolling Stone Italia. Happn, 10 milioni di utenti nel mondo, secondo Wired. E Tinder? Ha raggiunto un miliardo di swipe e più di 12 milioni di chat al giorno. E ce ne sono molte altre, sono le Dating App. Ognuna con una sua particolarità. Ma parlavamo di noia, giusto? Proviamo a spiegare meglio. Nell’era dello smartphone sono cambiati i modi di relazionarsi, di camminare (tutti a testa in giù) e di parlare. E di vivere. E anche il corteggiamento è cambiato. Ha subìto una trasformazione, qualcuno parla di codardia altri di timidezza. Di base c’è un approccio alla vita meno reattivo.

Una mattina una ragazza prende la metro, a Milano, non trova posto, rimane in piedi, appoggiata.

Non ha libri. Non ha giornali. Solo due cuffiette nelle orecchie. Che cosa fa in quei 40 minuti di viaggio? Risposta: 1) Si guarda intorno, incrocia lo sguardo di un ragazzo (molto carino) e si ritrova totalmente inebetita, e si guarda le punte delle scarpe; 2) Prende il cellulare e inizia a muovere l’indice su e giù freneticamente. Facebook, Instagram e ora anche su una Dating App. Se fosse Happn sarebbe meglio. Potrebbe prendere “due piccioni con una fava”. Potrebbe sapere chi è. Happn è l’app che lavora con la iper-geolocalizzazione in real-time. Consente di incontrare persone che si trovano “lì, in quel posto, in quel momento”. Uno sliding doors.

Le Dating App non uccidono il romanticismo, in realtà ne permettono forme nuove.

Non sostituiscono la vita reale. Danno un aiutino. Io la penso così. Dopo il match online esiste l’incontro reale, in un locale, in un parco, per un aperitivo o solo un caffè. E chissà da lì possono nascere amori o amicizie. L’app è quindi un mezzo, o come piace a noi “markettari”, un media nel quale ritrovare un preciso cluster di riferimento, o un social starter, un luogo in cui stimolare conversazioni. Si potrebbe parlare di “dating gamification”. Sono convinta che molte persone hanno conosciuto Happn con il passaparola. Il 60% sono di sesso maschile e il 40% femminile, mentre il 50% appartiene alla fascia di età tra i 18 e i 25 anni. Facciamoci due conti, “noi gente di marketing”.

Ma perché queste App funzionano così tanto?

Non può essere solo difficoltà d’approccio. Le Dating App, sono un fenomeno di costume? Vanità, voyeurismo? Io non credo che il loro successo sia solo per finire avvinghiati sotto le lenzuola, io credo ci sia la pigrizia come output di base. E quindi la noia. Le persone si annoiano. È un dato di fatto. Io dico: “Vedi una bella ragazza per strada? Vai a parlarle, a costo che ti guardi come uno squilibrato” – “Ma figurati, Erika, tu sei agée, non lo fa più nessuno”, mi rispondono. Be’ io, l’agée, penserei a sfruttare il potenziale di queste app e anche il loro gap. Le persone lì ci passano del tempo. E il tempo può essere riempito di contenuto. E se creassimo un nuovo modo di fare WOM? Oppure se diventassero il media per eventi? Sono App semplici, immediate e con un design funzionale. Qualcuno già lo fa.

L’8 marzo: Happn e #oneinthreewomen.

Nel giorno delle donne, Happn c’è. Lì dove le donne passano il tempo, c’è anche qualcuno che fa marketing. Happn infatti supporta oggi Equality Now nella sua missione di porre fine alla violenza contro le donne. E come lo fa? Creando un profilo su Happn, visibile alle donne, un profilo di una donna visibile tra foto di uomini, dal nome I’m One in Three, di 29 anni. Tra le sue informazioni la richiesta di donazione e di partecipazione ad una conversazione sul tema: sia all’interno del sito Equality Now, l’associazione che dal 1992 si occupa dei diritti umani delle donne e delle ragazze di tutto il mondo, sia su Instagram utilizzando l’hashtag #oneinthreewomen. Una donna su 3 nel mondo viene rapita, picchiata, costretta a fare sesso o abusata nella sua vita di tutti i giorni; questa la reason why della campagna.

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Fonte: happn.com

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