Quest’anno ho avuto la fortuna e il piacere di partecipare ad Linkontro Nielsen, giunto alla 29esima edizione, tre giorni di panel e conferenze in cui si incontrano i principali attori italiani della grande distribuzione e della produzione.
Tra le altre cose c’erano due fenicotteri bellissimi che passavo a salutare ogni giorno, e c’era anche Steve Hasker, President Global Product Leadership di Nielsen, che con il suo intervento “The Power of the Consumer” me li ha fatti dimenticare. La sua relazione partiva da un punto molto semplice e arrivava a una conclusione meno intuitiva: siamo in recessione e il consumatore ha una forza come mai prima.
Dati alla mano, la recessione secondo Hasker sta rimettendo in discussione tutti gli attori in gioco nell’economia del consumo: i flussi migratori che ne derivano cambiano demograficamente i paesi e di conseguenza la composizione dei consumatori, che essendo diversi hanno esigenze e desideri diversi. Nello stesso tempo, la crisi cambia gli equilibri interni al mercato, con vecchi player in difficoltà e nuovi arrivati, in un contesto generale di maggior concorrenza su tutti i fronti.
Il nuovo consumatore ha adesso una forza nuova perché il mercato cerca in qualsiasi modo di andargli incontro, ma non solo. Qui veniamo al punto secondo me cruciale: quello che rende il consumatore veramente potente è la frammentazione del processo d’acquisto, che adesso è composto da tantissimi step intermedi fatti di conversazione, confronti, possibilità di scelta.
Possibilità che sono in larga parte dovute alla tecnologia e ai Social Media. Hasker ha portato esempi concreti, come la situazione del consumatore che davanti a uno scaffale controlla da mobile prezzi, recensioni e opinioni degli amici su un prodotto prima di comprarlo. È tutto diverso adesso, il consumatore ha tantissime informazioni in più e per chi vende le cose sono più complesse.
È vero però anche l’inverso: con i big data le informazioni sono quelle che il consumatore lascia, su di sé, i suoi gusti e le sue abitudini. Se non si sa come interpretarli, certo, i big data sono più un ulteriore problema che la soluzione, ma di certo sono uno degli strumenti più importanti per compiere quello che Hasker ritiene un dovere dei marketer: trasformarsi in consumer scientist.
Fin qui il suo discorso, lineare e ineccepibile. Se vogliamo andare avanti però capiamo che l’immagine se l’immagine qui sopra continuasse verso il basso scopriremmo una cosa interessante.
Utilizzo lo stesso aneddoto che Hasker ha utilizzato per spiegare meglio la sua tesi: quando era giovane andò a trovare lo zio, titolare di un piccolo negozio, e rimase stupito dal fatto che conoscesse il nome di tutti i suoi clienti. Lo zio rispose che conoscere i clienti era il primo segreto del suo lavoro – ed è la stessa cosa che bisognerebbe fare con i big data e i nuovi consumatori.
Ma, aggiungo io, a quei clienti adattava il tono di voce, ad alcuni le barzellette, ad altri la comunicazione formale, e forse la conoscenza serviva proprio a quello. Il consumer scientist non sostituisce il communicator, ma lo anticipa. E se i nuovi consumatori derivano il loro potere dai Social Media, è lì che la comunicazione deve spostarsi.