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Il giornalismo nell’era di Twitter

Il giornalismo nell'era di Twitter

La TV ci ha aperto una finestra sul mondo, ma selezionando cosa farci vedere e sentire. Twitter ci porta direttamente dentro gli eventi, ma tocca a noi fare la selezione. Come sta il giornalismo nell’era di Twitter? Difficile dare una risposta esaustiva nello spazio di un post, meglio iniziare col porsi alcune domande:

Un tweet è una notizia? La prima istintiva risposta è “no!”, ma la storia del progressivo dimagrimento delle news nasce ben prima di Twitter. Già nei TG cogliere il contesto di una news è sempre stata impresa assai ardua. In questo senso il tweet non è altro che l’ultimo stadio di una deriva del giornalismo che brucia il contesto sull’altare del real-time. E un giornalismo simile difficilmente sopravviverà alle innovazioni della comunicazione.

Twitter racconta meglio la realtà? Sì e no. La TV rappresentava solo la porzione di mondo a portata di telecamera, distorcendo la realtà prima con la selezione che con lo sguardo. Twitter narra ciò che accade minuto per minuto, democratizzando la cronaca e quindi moltiplicando drammaticamente le fonti di informazione. In questo senso Twitter raccontà più cose ma dice meno sul singolo fatto. E poi, chi garantisce l’attendibilità dei messaggi?

Chi dà per primo la notizia? La battaglia sulla tempestività e lo scoop è sempre stata terreno di confronto fra testate. Oggi la competizione è con i cittadini che twittano da ogni dove: una guerra persa in partenza e soprattutto una sfida pericolosa. Inseguire i tweet sullo scivoloso terreno del real-time significa incappare, primo o poi, nel più classico degli epic fail. È accaduto tre mesi fa al canale Breaking News della CNN (qui la storia) e accadrà di nuovo. E come sappiamo, la rete non dimentica.

Che fine ha fatto l’approfondimento? Alla sfida del citizen journalism sempre attivo e sempre connesso, il giornalismo tradizionale ha risposto in due modi: inseguendo i nuovi media o andando dalla parte opposta. Da qui, la moltiplicazione degli editoriali e del numero di pagine. Una risposta di reazione e differenziazione, ma anche una risposta contro lo spirito del tempo e difficilmente adattabile alle abitudini di chi naviga online.

Come sta quindi il giornalismo? Nel mezzo di un guado. Ignorare la rivoluzione di Twitter nell’informazione è impossibile, l’unica strada è studiare il fenomeno per cercare di sfruttarlo a proprio vantaggio. Questo implica sempre un radicale cambiamento di approccio da parte dei media tradizionali, verso una massiccia integrazione con i nuovi canali sociali e l’abbandono di una logica di avversione o rifiuto. E forse Twitter darà una mano al giornalismo a spogliarsi di ciò che non gli serve e avvicinarsi al pubblico.

Qual è la vostra opinione?

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