IAKI

Twitter e le rivoluzioni, al Festival di Internazionale

IAKI al Festival di Internazionale

Quest’anno abbiamo partecipato attivamente alla sesta edizione del Festival di Internazionale a Ferrara, e se avete seguito i nostri account Twitter e Instagram, avrete avuto modo di partecipare con noi alle discussioni e agli incontri più interessanti.
Eravamo lì in particolar modo per il grande peso che i nuovi media stanno acquistando anche e soprattutto nel settore del giornalismo. Da una parte, abbiamo il piacere di curare con i nostri clienti diversi progetti editoriali di Facebook e Twitter marketing (e non solo); dall’altra, sono gli stessi confini del giornalismo a essere messi in discussione e ridefiniti come effetto dell’uso che le persone fanno dei social media: capire questo e le sue conseguenze è fondamentale per costruire le giuste social media strategy.

A distanza di qualche giorno vogliamo riflettere su quello che è emerso dalle nostre chiacchierate con Shawn Carrié – attivista newyorkese di Occupy Wall Street con un passato da Social Media Analyst presso EMI – e con Sultan Al Qassemi – giornalista e commentatore della Primavera Araba che scrive anche per The Huffington Post – a proposito di Twitter marketing, Social Media e citizen journalism.

Ecco cosa ci ha detto Shawn.

I social media hanno una funzione molto importante per i movimenti e le rivoluzioni degli ultimi anni. Come li avete usati durante l’occupazione di Zuccotti Park e come usate Twitter ora?

Il giorno dello sgombero da Zuccotti Park abbiamo potuto avvisare migliaia di persone grazie alle nuove tecnologie. E migliaia di persone ci hanno raggiunto guidando da altre città in piena notte. I social media, se combinati con qualcosa di reale e concreto nelle strade, hanno la capacità di far muovere le persone, di farle uscire di casa per andare in strada. La comunicazione può essere sia interpersonale che digitale, ma la cosa importante è che sia sfruttata per condividere informazioni.

Ti consideri un Twitter-addicted?

Uso moltissimo Twitter, è molto utile, anche se è importante ricordare che non si sostituisce la comunicazione “reale” e interpersonale. Non è tutto digitale, la rivoluzione è anche nelle strade. Queste due cose però possono interagire molto bene. I social media sono sempre stati molto importanti per creare una narrazione alternativa a quella dei media tradizionali: le narrazioni provengono da noi e raccontano le nostre storie, a differenza di quanto succede con i media “mainstream”.

Aggiungiamo a questi spunti quello che ci ha detto Sultan Al Qassemi, che abbiamo incontrato a margine del panel “Me l’ha detto l’uccellino”. Con lui abbiamo approfondito il discorso sull’utilizzo di Twitter e del Twitter marketing nel dettaglio, nel periodo attuale, post-primavera araba, sulla libertà di informazione e il citizen journalism. Che effetti ha avuto Twitter sulle dinamiche offline e sulle interazioni tra le persone? E ancora: Twitter ha destabilizzato il mondo del giornalismo a tal punto da sostituire le agenzie di stampa?

Quale pensi che sia la funzione più importante dei social media, ora, a più di un anno di distanza dalla primavera araba? E qual è la differenza maggiore tra “citizen journalism” e giornalismo tradizionale?

Twitter è uno strumento ancora molto importante e utile, ma allo stesso tempo è diventato anche uno strumento di oppressione. I governi ora sanno quanto questo media sia importante: ci sono agenti di polizia su Twitter che si occupano di controllare messaggi e “cinguettii” degli attivisti. Anche se c’è in corso una rivoluzione, infatti, è bene ricordare che la libertà di informazione non è aumentata poi così tanto in Egitto. Nel Golfo, credo che abbia fatto dei passi indietro. Il ruolo del “citizen journalist” diventa allora molto più importante oggi di quanto non fosse prima delle rivoluzioni. In passato i regimi talvolta ammettevano pubblicazioni critiche, ma oggi i governi post-rivoluzionari si sentono minacciati dalle rivendicazioni del popolo. I media di stato sono usati soltanto come strumenti di propaganda. I social media, Twitter e i blog sono invece utilizzati per contrastare la propaganda del governo.

Durante la panel discussion “Me l’ha detto l’uccellino”, Luca Sofri ha detto che talvolta Twitter è meglio delle agenzie di stampa. Cosa ne pensi? 

Talvolta c’è bisogno della stampa tradizionale e dei giornali, perché c’è bisogno che qualcuno verifichi le fonti editoriali. Spesso sui social ci sono account fake o che diffondono “chiacchiere”. Non si può dire questo è meglio o quell’altro è peggio. I nuovi media hanno però messo sotto pressione i vecchi media: gli utenti ora vogliono informazioni autentiche e accurate. Su Twitter si hanno pochi secondi di tempo e un minuto o due di ritardo rispetto ad un altro canale possono fare la differenza. Di certo questi media stanno cambiando il nostro modo di comunicare e di parlare. Magari tra 5 o 10 anni, potremo guardarci indietro e capire davvero se i social media hanno prodotto un’informazione migliore rispetto a quella dei vecchi media.

Dalle conversazioni con Shawn e Sultan abbiamo avuto conferme, trovato spunti di riflessione e imparato qualcosa. Twitter e gli altri social media sono strettamente intrecciati con le rivoluzioni, sia che si parli di movimenti di cittadini, sia che si parli del modo di produrre e far circolare l’informazioni, sia che si parli di social media marketing (in questo caso Twitter marketing).

Dal punto di vista del giornalismo online, ed è la cosa bella, questo è soprattutto una sfida e un arricchimento.

Da una parte fornire dei contenuti sempre più curati, pertinenti e tempestivi agli utenti. Dall’altra, coinvolgerli, farli partecipare in maniera attiva alla conversazione, accettare i loro contributi e integrarli correttamente in un quadro narrativo più ampio. Non due mondi in contrapposizione, quindi, ma due ambienti che devono incontrarsi per costruire contenuti che abbiano valore per entrambi: una social media strategy che parte dall’ascolto e dall’osservazione dell’uso che le persone fanno dei media sociali, il motivo per cui siamo andati a Ferrara, e per cui probabilmente ci torneremo.

Exit mobile version